Il colore come viene
inteso comunemente è la 'sensazione' che proviamo quando una
radiazione viene catturata dal nostro occhio e viene elaborata dal
cervello cui è fatta pervenire da un complicato apparato visivo.
Nel nostro occhio ha
sede un complesso meccanismo biologico, sensibile alla luce, in grado
di trasformare la radiazione ricevuta in una serie di segnali che
vengono poi elaborati dal cervello e trasformati in sensazioni
visive. La conoscenza di meccanismi biologici è sempre complessa e
suscettibile di perfezionamenti per cui non si può mai dire di
possederla in modo completo e definitivo.
Ciò che è stato
scoperto è che il sistema di recettori biologici che ci permette di
'vedere' ha sede sulla retina,
che è una membrana che si trova sulla parete interna posteriore
dell'occhio.
Tali recettori sono di
due tipi, classificati in base alla loro forma: i coni e i
bastoncelli.
I
coni (150.000 per millimetro quadrato) sono
responsabili della visione diurna e presiedono alla percezione del
colore, sono posizionati in una piccola zona della retina,
completamente priva di bastoncelli.
I
bastoncelli, inferiori di numero sono molto più
sensibili dei coni alla stimolazione da parte della luce, sono
collegati alle cellule nervose solo a gruppi e questo fa sì che
l'immagine che essi veicolano sia più confusa. La loro maggiore
sensibilità permette all'occhio di vedere anche in condizioni di
scarsa luminosità, quando i coni non riescono più a fornire
informazioni utili al cervello.
La
percezione visiva è sintetica
al contrario della percezione dei suoni che è analitica.
Per
chiarire il senso di questa affermazione notiamo che, se udiamo il
suono di due strumenti musicali diversi riusciamo a distinguerli, un
direttore di orchestra pur tra molti strumenti riesce a capire quale
è lo strumento che stona. Con la luce questo non succede, rimane la
misura dell'eccitazione suscitata proporzionale sia all'intensità
della luce incidente sia alla sensibilità del recettore ma il nostro
cervello recepisce semplicemente la somma dei due stimoli sotto forma
di un unico stimolo che si 'vede' come un unico colore.
Il
fisico inglese Thomas
Young propose agli inizi dell'800
una teoria della visione in cui si riconosce la presenza di tre
diversi tipi di recettori, con una sensibilità diversa ai colori
rosso, verde
e blu-violetto. La
stimolazione combinata di questi tre diversi di recettori,
decodificata dal cervello, determina la visione dei diversi colori.
Dato
un simile modello di percezione dei colori (tristimolo), la visione,
ad esempio, del colore giallo è l'effetto di una combinazione in cui
i coni sensibili al verde ed i coni sensibili al rosso sono stimolati
in modo intenso, mentre l'eccitazione dei coni sensibili al blu è
trascurabile. In questo modo si spiega l'origine dei diversi colori
e, con un deficit di sensibilità su alcuni tipi di recettori, si può
spiegare anche il fenomeno del daltonismo.
L'occhio
umano quindi è in grado di intercettare (vedere) la luce che
colpisce la retina dell'occhio, quando noi 'vediamo' un oggetto con
il suo colore in effetti vediamo la luce che questo oggetto riflette,
infatti in un ambiente in cui non c'è luce non si vedono gli oggetti
e tanto meno il loro colore.
La visione
del colore
La
luce che colpisce un oggetto non viene riflessa completamente, ne
viene riflessa solo una parte ed ogni oggetto, in funzione della sua
superficie, riflette una parte diversa della luce dell'ambiente, è
proprio questa parte di luce riflessa che viene percepita come
'colore dell'oggetto'.
La luce solare, è
costituita dalla somma di diverse lunghezze d'onda e quindi, a
seconda della porzione riflessa ogni oggetto ci appare di diverso
colore.
Una
superficie ci apparirà gialla perchè, colpita dalla luce solare,
riflette solo le radiazioni che il nostro sistema visivo percepisce
come giallo e assorbe tutti gli altri tipi di radiazione, blu se
riflette solo la lunghezza d'onda corrispondente al blu, nero se
assorbe tutti i raggi luminosi, bianco se li riflette tutti. Questo
spiega anche perché i corpi neri esposti al sole sono
tendenzialmente più caldi di quelli bianchi, infatti assorbono una
maggiore quantità di radiazioni.
L'oggetto quindi non
ha un colore proprio, quello che vediamo dipende dalla frazione
riflessa della radiazione luminosa che lo colpisce.
Siamo abituati ad
attribuire ad un oggetto un suo colore come proprietà intrinseca,
questo dipende dal fatto che la luce solare o quelle delle lampadine
ad incandescenza è più o meno la stessa e cioè una luce bianca
miscuglio di tanti colori, quindi il colore della superficie di un
certo oggetto è quasi sempre lo stesso nei diversi ambienti in cui
normalmente viviamo e la percezione di differenze minime è rilevata
solo da strumenti o da persone particolarmente sensibili.
L'ultima frase detta
però se ci si pensa bene non è completamente vera, senza ricorrere
ad esperimenti particolari di cui parleremo in seguito, tutti noi
sappiamo che una superficie, si pensi alla parete di una montagna, dà
sensazioni visive diverse all'alba piuttosto che a mezzogiorno o al
tramonto. E' la nostra immaginazione che gli attribuisce un colore
solo, quello per esempio della luce diurna ma in effetti questo è
arbitrario, non esiste un colore 'giusto'.
Tutto bello, ma come si
spiega il colore di un inchiostro o di una vernice? Come si concilia
quanto è stato detto con la possibilità di entrare in un negozio e
chiedere una vernice rossa che, applicata ad una superficie la fa
apparire rossa?
Le vernici e gli
inchiostri sono costituiti da un liquido trasparente, di solito di
tipo oleoso, che contiene in sospensione delle particelle minute
(polveri o cristalli) di materiale in grado di assorbire determinate
radiazioni : i pigmenti.
Una volta steso sulla superficie il liquido si asciuga e mantiene inglobate tali particelle che determinano il colore della superficie riflettendo la luce incidente in modo selettivo.
La scelta di questi
pigmenti e del liquido di sospensione, il loro colore e la loro
stabilità nel tempo è l'aspetto cruciale della qualità delle
riproduzioni: stampe o dipinti.
Un po' di storia
Fin dall'antichità gli
uomini hanno cercato di capire cosa fosse il colore, di dare cioè
una spiegazione che permettesse di comprendere tutti i fenomeni
legati ad esso.
La prima persona a dare
una spiegazione scientificamente corretta del colore fu Isaac Newton
(1642-1727) che ha spiegato il fenomeno dell'arcobaleno come
particolare combinazione in cui si ottiene la separazione di
radiazioni luminose provenienti da quella mescolanza di radiazioni
che è la luce bianca. Newton fece i suoi esperimenti con un prisma
ottico e ottenne la scomposizione della luce bianca in colori
irriducibili.
Tale scomposizione è
dovuta al fatto che l'angolo di rifrazione di una radiazione
elettromagnetica, la deviazione che questa subisce quando attraversa
superfici di separazione di sostanze diverse, dipende dalla lunghezza
d'onda della radiazione stessa.
Mediante esperimenti
Newton dedusse che la luce bianca è un miscuglio di radiazioni di
diversa lunghezza d'onda.
Per un raggio luminoso
entrante ne escono diversi di colore differente.
Fece passare uno dei raggi
colorati colori ottenuti per un altro prisma e notò non viene
ulteriormente scomposto per questo viene detto irriducibile, mentre
se si fanno di nuovo convergere in un punto i raggi che sono stati
separati si ottiene ancora luce bianca.
Quelli che sono stati
chiamati colori irriducibili sono detti colori puri
monocromatici, questi colori sono associati ad una precisa
lunghezza d'onda della radiazione elettromagnetica.
Riportiamo il nome di
questi colori e la loro lunghezza d'onda espressa in nanometri (nm).
380 nm
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430 nm
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480 nm
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540 nm
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577 nm
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627 nm
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698 nm
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viola
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indaco
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blu
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verde
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giallo
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arancio
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rosso
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E interessante notare
che tra i colori ottenuti con il prisma non c’è il bianco che non
è un colore puro, e non ha una lunghezza d'onda propria. Nello
spettro ottenuto con il prisma manca anche il nero, questo è assenza
di colore e quindi assenza di luce.
Newton affermò che i
raggi non sono affatto colorati, è l'occhio umano che li percepisce
come tali, prese anche in considerazione l'idea che la luce fosse
composta da particelle di energia e non da onde e si accorse che
l'apparato visivo umano ha un ruolo importante nella visione del
colore, in pratica noi vediamo l'elaborazione che fa il cervello
degli stimoli che riceve.
Una parte importante è
svolta dall'apparato visivo umano che oltre agli occhi è costituito
dal nervo ottico che trasmette i segnali al cervello che li elabora.
Queste intuizioni di
Newton si sono dimostrate sostanzialmente corrette ma, malgrado la
sua grande autorevolezza, non sono state accettate da tutti all'epoca
in cui sono state esposte.
Tra i critici più
autorevoli si annovera Wolfgang Goethe (1749-1832) che affrontò il
problema più dal punto di vista artistico ed emozionale, la sua
critica era errata per quanto riguarda la natura fisica del colore ma
non inutile perchè servì ad approfondire l'aspetto emotivo della
sensazione cromatica.
Goethe mostra in modo
evidente l'importanza dell'apparato visivo nella percezione dei
colori, fu tra primi ad indagare sul modo in cui i contesti e gli
accostamenti modificano le sensazioni dei colori.
Ci sono voluti due secoli
perchè Maxwell desse una sistemazione completa alla teoria
ondulatoria della luce che però non spiega alcuni fenomeni legati
alla luce per cui in seguito è stata elaborata la teoria dei quanti
di energia, in pratica la vecchia teoria corpuscolare di Newton. La
luce in questa teoria è vista come un treno di particelle
elementari, palline di energia: detti fotoni o quanti di
energia.
Allo stato attuale la
teoria ondulatoria e la teoria corpuscolare convivono ma non è detto
che sia finita qui perchè molti storcono il naso all'idea che, a
secondo del fenomeno fisico che si considera, la luce debba essere
vista in modo differente: onde o particelle.
Si tratta di modelli,
infatti la spiegazione esaustiva delle leggi della natura si rivela
estremamente complessa. Quanto si sà comunque è abbastanza per
fare molte cose e del resto anche storicamente la mancanza di
conoscenza scientifica del fenomeno non ha impedito ad uno stuolo di
artisti di lavorare con il colore e di produrre opere di grande
pregio.
Se si esclude il XX secolo
che ha visto la comparsa della fotografia e, negli ultimi decenni,
del monitor (televisione e computer); nei secoli passati le
rappresentazioni venivano fatte soprattutto con la pittura: quadri ed
affreschi.
Quando sono stati
abbandonati i canoni dell'antichità in cui la rappresentazione
artistica era sganciata dalla realtà fisica ma tesa a rappresentare
divinità e simboli magici il colore ha assunto una importanza via
via crescente.
A partire dar rinascimento
gli artisti, che cercavano di rappresentare ritratti e paesaggi, si
sono riproposti di riprodurre i colori presenti in natura ed hanno
sempre avuto grossi problemi a procurarsi i pigmenti adatti. Noi
siamo abituati ad andare al colorificio e comperare quello che ci
serve ma teniamo presente che dietro c'è una industria chimica che
prima del '700 non esisteva, la figura del pittore che si fabbricava
i pigmenti macinando le più svariate sostanze colorate in bottega
era la regola. Si trattava di una incombenza onerosa, ad essa nelle
botteghe grosse si dedicavano i garzoni, i colori non erano molti e
spesso la loro disponibilità e il loro prezzo hanno condizionato
anche opere importanti.
Nella produzione dei
colori intervengono anche gli alchimisti ma la strada che ha portato
alla scoperta di un numero sufficiente di pigmenti stabili è stata
lunga e difficile.
Non sempre la storia
dell'arte tiene nella dovuta considerazione il problema, moltissime
opere si sono rovinate per la scarsa qualità dei pigmenti usati ed
il confronto tra pittori di epoche diverse è problematico perchè
diversi erano i mezzi di cui disponevano gli artisti.
Per procurarsi un bel
colore azzurro che servisse per colorare il manto di unSchermata del
2013-11-30 08:12:27a Madonna e che durasse nel tempo, alcuni pittori
toscani sono stati indotti a fare un viaggio a Venezia, con tutto
quello che comportava a quell'epoca in termini di rischio e di costo.
Anche se questo problema
esisteva per molti colori sono stati il blu e l'azzurro che
storicamente hanno dato più problemi e sono stati tra i colori più
difficili da ottenere, si pensi che i committenti di opere d'arte
talvolta imponevano il tipo di pigmento da utilizzare onde evitare
che l'artista, per risparmiare, usasse pigmenti poco pregiati che
rischiavano di compromettere la buona riuscita dell'opera e
soprattutto la stabilità dei colori nel tempo.
Il colore e
il senso comune
Quando si parla
di luce e di colore bisogna tenere conto del comune sentire delle
persone che non sempre è corretto dal punto di vista scientifico.
Il senso comune interpreta siSchermata del 2013-11-30 08:12:27ngoli
fenomeni relativi alla percezione di colore e non deve per forza
avere una coerenza assoluta per tutti i fenomeni fisici che
coinvolgono la luce.
Per un corretto
insegnamento scientifico invece si deve esporre un modello coerente
che inquadri meglio i vari aspetti legati al concetto di colore.
Seguono ora una serie
di affermazioni verosimili ma scientificamente errate
anche se sono prese per buone da molte persone.
- il colore è una proprietà intrinseca delle superfici degli oggetti
- tutte le sorgenti di luce, ci permettono di vedere e di percepire i colori;
- la luce che illumina gli oggetti non influisce nella determinazione del loro colore;
- la luce una volta prodotta dalla sorgente invade l’ambiente ed è sempre visibile
- la luce bianca del sole quando è alto sull'orizzonte è una luce di base, incolore e molto 'pura'
Infatti per vedere il
colore di un oggetto occorre che questo possa riflettere una
radiazione luminosa e deve essere direttamente colpito da tale
radiazione. Si può provare con esperimenti di laboratorio che, se
un oggetto riflette solo il colore blu (colore puro) ed è illuminato
da una sorgente di luce che emette solo il colore rosso (colore puro)
tale oggetto apparirà nero!
Infatti se nella
sorgente non c'è il blu questo non può venire dal nulla;
l’oggetto infatti non è una sorgente di luce, può solo riflettere
la luce blu ma non produrla! Non può certo apparire rosso visto che
assorbe la lunghezza d’onda corrispondenti a questo colore e quindi
c'è assenza di colore riflesso che lo fa apparire nero.
Questo di solito non
succede perchè nelle situazioni più comuni le sorgenti di luce non
sono mai perfettamente monocromatiche ed anche gli oggetti raramente
riflettono una sola lunghezza d'onda luce, in situazioni normali
viene comunque 'visto' come molto scuro..
Consideriamo ad esempio
un oggetto che, illuminato con luce bianca appare di colore magenta
(un blu violaceo formato da due colori puri blu + rosso), se lo
illuminiamo con una luce monocromatica verde lo vediamo nero, infatti
il verde viene assorbito e la sorgente non contiene componenti rosse
o blu e quindi nessun raggio di luce viene riflesso. Cosi se lo
illuminiamo con luce rossa lo vediamo rosso e se lo illuminiamo con
luce blu lo vediamo blu, per essere visto di colore magenta quindi
deve essere colpito da un miscuglio di tutte le radiazioni come in
effetti è la luce solare.
I Colori Primari
Abbiamo detto che si
possono prendere raggi luce di diverso colore, farle convergere in un
unico punto e ottenere un colore diverso, in un certo senso somma dei
due. A questo punto si pone il problema: quanti colori ci vogliono
per ottenere, con una loro combinazione tutti i colori visibili?
La parola 'tutti' è un
po' troppo impegnativa ma una vasta gamma di colori che può
soddisfare i nostri scopi può essere ottenuta combinando tra loro in
modo opportuno tre colori, resta da stabilire quali sono i più
adatti.
Sintesi additiva
Se si devono miscelare
delle radiazioni luminose le terne di colori che possono essere
utilizzate sono diverse, ma la terna più comunemente usata è quella
formata da: rosso, verde e blu, nota anche come RGB
(dall’inglese Red, Green, Blue).
Questi tre colori
vengono chiamati colori primari additivi.
Non si può dire che
tutti i colori della natura sono costituiti da combinazioni di rosso,
verde e blu ma solo che è possibile stimolare la percezione della
maggior parte dei colori esistenti con una opportuna scelta di questi
tre colori.
L'operazione di
riproduzione degli stimoli che ci fanno percepire i vari colori
sommando tre colori primari si chiama sintesi additiva.
In questo modo si
possono ottenere anche colori che non fanno parte dello spettro
ottenuto con un prisma; infatti a questi colori (alla radiazione) non
corrisponde una data lunghezza d’onda ma la sovrapposizione di
almeno due colori puri di data intensità. Una analisi con un prisma
della luce, farebbe ancora vedere i colori puri cioè le lunghezze
d’onda che costituiscono la radiazione di stimolo, ma l’occhio
'vede' un unico colore.
Potrebbe sembrare
strano ma abbiamo l'esempio dalla sensazione di bianco; cui non
corrisponde nessuna lunghezza d’onda.
Sintesi sottrattiva
Un problema diverso si
pone per il colore delle superfici che, ricevendo luce bianca
riflettono determinati colori e non altri. In questo caso gli stimoli
corrispondenti ai vari colori possono essere prodotti per mezzo della
così detta sintesi sottrattiva.
La tecnica consiste nel
selezionare le componenti della luce bianca con opportuni filtri; si
tratta quindi di sottrarre alcuni colori alla luce bianca in
modo che i colori riflessi producano sul nostro occhio lo stimolo
necessario per farci percepire il colore voluto.
Anche in questo caso si
pone il problema della scelta dei tre colori primari sottrattivi.
I colori primari nella
sintesi sottrattiva sono: ciano, magenta e giallo nota come
CMY (dall'inglese Cyan, Magenta, Yellow)
Bisogna fare attenzione
a non confondere il ciano con il blu ed il magenta con il rosso come
purtroppo viene fatto in alcune trattazioni superficiali
dell'argomento.
Riassumiamo in uno
schema
- sintesi additivasintesi sottrattivaCiano = verde + bluil ciano assorbe il rossolascia passare il verde e il bluMagenta = rosso + bluil magenta assorbe il verdelascia passare il rosso e il bluGiallo = rosso + verdeIl giallo assorbe il blulascia passare il rosso e il verde
Combinando a coppie due
filtri si possono ottenere di nuovo i colori primari. Se si
utilizzano tutti e tre i filtri insieme non passa alcun colore: si
ottiene il nero.
Concludendo: per
gestire il colore sullo schermo del computer per ottenere i colori si
deve usare la sintesi additiva, quando si passa alla stampa i colori
sono ottenuti per sintesi sottrattiva, in effetti l'acronimo usato
per le stampanti è CMYK (Cyan, Magenta, Yellow, blacK) infatti si
preferisce usare direttamente l'inchiostro nero invece di ottenere il
nero per sintesi. Il nero ottenuto per sintesi dei tre colori
primari infatti non è un bel nero luminoso ma più simile ad un
marrone sporco, molto scuro.
Si deve mettere in
conto anche il bianco che non può essere ottenuto per sintesi
sottrattiva, ma a questo ci pensa il colore della carta.